Quando la pubblicità era (troppo) audace: un viaggio tra gli spot politicamente scorretti del passato

Ti è mai capitato di vedere una vecchia pubblicità e pensare: “Ma davvero andava in onda?”
Oggi siamo abituati a una comunicazione più attenta all’inclusività ed alla sensibilità sociale, ma fino a pochi decenni fa la pubblicità non aveva freni: sessismo, razzismo, promozione del fumo, alimenti poco sani e stereotipi erano all’ordine del giorno.
Questo articolo vuole ripercorrere alcune delle pubblicità più politicamente scorrette del passato ed analizzare come è cambiato il modo di fare advertising.

Le pubblicità che oggi farebbero scandalo

1. Sessismo e ruoli di genere

Negli anni ‘50 e ‘60, molte pubblicità ritraevano le donne esclusivamente come casalinghe felici di servire i mariti, mentre gli uomini erano dipinti come autoritari e dominanti.

Van Heusen (anni ‘50): immagine di un uomo comodamente sdraiato mentre la moglie in ginocchio gli serve la colazione con la scritta: “Show her it’s a man’s world.”

Ketchup Alcoa (anni ‘50): pubblicità con una donna sorpresa perché è riuscita ad aprire una bottiglia di ketchup da sola, con il titolo “You mean a woman can open it?”

Chase & Sanborn Coffee (anni ‘50): immagine di un uomo che alza la mano su una donna con lo slogan: “If your husband ever finds out you’re not ‘store-testing’ for fresher coffee…”

2. Fumo e alcol senza limiti

Negli anni ‘40-’70, il fumo era considerato un segno di stile, virilità e persino di benessere. Le pubblicità delle sigarette non solo omettevano i pericoli per la salute, ma spesso li minimizzavano o addirittura li ribaltavano a loro favore. Inoltre, il fumo veniva associato alla seduzione e al potere sugli altri, come dimostrano alcune campagne oggi impensabili.

Camel (anni ‘40): pubblicità con la scritta “More doctors smoke Camels than any other cigarette!”

Marlboro (anni ‘50): immagine iconica del cowboy virile con una sigaretta in bocca, simbolo di mascolinità (ironico, visto che diversi Marlboro Men sono morti per malattie legate al fumo).

Tipalet (anni ‘70): immagine di un uomo che soffia il fumo in faccia a una donna con lo slogan “Blow in her face and she’ll follow you anywhere” (tradotto: “Soffiale il fumo in faccia e ti seguirà ovunque”).

3. Spot per bambini

Un tempo, la pubblicità per bambini non aveva filtri: giocattoli potenzialmente pericolosi, cibi pieni di zucchero e messaggi educativi discutibili erano all’ordine del giorno. Le campagne spesso ignoravano i rischi per la salute e miravano unicamente a rendere il prodotto il più attraente possibile per i piccoli consumatori.

Pellet Guns per bambini (anni ‘60): immagine di un bambino a cui i genitori regalano una pistola giocattolo con lo slogan “Give your son a gun for Christmas”.

Burro è buono e ti fa bene: l’immagine mostra un bambino che addenta un enorme panetto di burro con lo slogan “Il burro è scivoloso. Ecco perché dobbiamo mangiarne il più possibile per lubrificare le vene e le arterie”.

Sugar Rice Krinkles (anni ‘60): un inquietante clown pubblicizza cereali estremamente zuccherati con un sorriso esagerato e uno sguardo quasi spaventoso.

Perché all’epoca era accettabile?

Negli anni ‘50-’80, la sensibilità culturale era diversa e la pubblicità rifletteva gli stereotipi e i valori dell’epoca. Le aziende non erano soggette alla pressione dei social media e non dovevano rispettare regolamenti rigidi come oggi.

Tuttavia, man mano che la società ha iniziato a evolversi, anche il marketing ha dovuto adattarsi.

Come è cambiata la pubblicità oggi?

Oggi i brand devono stare molto più attenti ai loro messaggi pubblicitari. La pressione sociale, l’influenza dei social media e le nuove normative hanno spinto molte aziende a rivedere completamente il loro approccio alla comunicazione. Il focus si è spostato su inclusività, rispetto e responsabilità sociale.

Dove (Real Beauty): campagna che celebra la diversità e l’autenticità femminile.

Nike (Equality Campaign): spot con atleti di diverse etnie per promuovere l’inclusione.

Gillette e il movimento #MeToo: Nel 2019, Gillette ha lanciato la campagna “The Best a Man Can Be”, un’evoluzione del suo storico slogan “The Best a Man Can Get”. Lo spot affrontava tematiche legate alla mascolinità tossica e al rispetto, in risposta al movimento #MeToo.

Oggi la pubblicità è più inclusiva e responsabile, ma rimane il dibattito su cosa sia davvero il “politicamente corretto”.

Le pubblicità del passato ci fanno sorridere (o rabbrividire), ma sono anche una lezione su quanto la comunicazione possa influenzare la cultura.

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